Nightguide intervista Tomat Petrella

Nightguide intervista Tomat Petrella


Due persone che diventano una e finiscono su un altro pianeta: Gianluca Petrella e Davide Tomat si sono trasformati in Tomat Petrella e hanno composto Kepler, disco dal nome tanto evocativo quanto spaziale (letteralmente) spiazzando tutti quanti: nessuno è riuscito a dire che tipo di musca sia, solo che tipo di musica non è. Noi ce lo siamo fatti spiegare da loro.


Avete creato il nome del vostro duo unendo i vostri cognomi, ma Tomat Petrella suona quasi come il nome di una terza persona: è questo che è successo, avete creato una terza persona per la vostra musica?
DT:Ahahaha. Sai che non avevo mai pensato? Più volte mi sono chiesto che senso potesse avere questo nome. Ho pensato al nome abbreviato TP che comunque mi fa sorridere perchè ha tanti riferimenti diversi. Il riferimento che mi piace di più è quello della  Temperatura di Planck, che è la temperatura più elevata ammessa dalla meccanica quantistica. Sembrerebbe essere la temperatura a cui evapora un buco nero e quella iniziale del Big Bang.
GP: Si, magari unendo i due soggetti viene fuori una terza persona creata a posta per la musica, per il suono, la voglia di creare una terza persona e incontrarci, ovviamente. Viviamo nella stessa città ma non ci conosciamo da molto, anche se abbiamo la passione per la musica in comune oltre qualcosa che secondo noi poteva andar bene per creare un prodotto musicale. E' stato un incontro abbastanza casuale: all'inizio l'unico obiettivo era trovarci in studio e fare una jam per un'ipotetica registrazione senza fretta nè pretese, poi la cosa si è sviluppata.


Kepler è un nome evocativo, adattissimo al disco: ci raccontate qualcosa su album e titolo?
DP: Kepler è il nome del telescopio spaziale della NASA lanciato nello spazio il 7 marzo 2003, il cui scopo era la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole. Il 17 aprile 2014 è stato scoperto il pianeta Kepler 186F, il primo pianeta extrasolare con un raggio simile a quello del nostro pianeta e rientrante nella "zona abitabile". Questa notizia ci ha incuriositi e visto che stavamo iniziando a fare musica insieme abbiamo iniziato a pensare alla nostra musica come ad un insieme di mondi sonori potenzialmente abitabili.
GP: Si, era un periodo in cui ci fu questa notizia, ma prima ancora che diventasse mainstream e di dominio popolare la sentimmo di notte, facendo zapping in uno dei tanti hotel in cui passi la notte per via dei concerti. C'eravamo arrivati anche un po' prima dei grandi canali (ride). Ci abbiamo pensato un attimo e, visto che siamo amanti anche di musicisti che hanno sempre unito musica, pianeti, cosmo e universo e hanno impostato la loro musica in quel modo abbiamo pensato di far riferimento a Kepler, anche senza un concetto particolare all'interno. Ci riferiamo ad artisti spirituali, con sonorità afro, black, interiori, come può essere Sun Ra. Abbiamo unito il tutto e abbiamo fatto riferimento a vari pianeti, fra cui Kepler.


Come è stato lavorare insieme, ha funzionato subito?
DP:Per me è stato molto stimolante. Gianluca è un musicista pazzesco, con una sensibilità musicale incredibile, Con lui è tutto "vero e buona alla prima".
GP: Prima avevamo solo bevuto birra e discusso di musica insieme, poi abbiamo lavorato insieme, ma senza la birra (ride).


E' stato scritto che la vostra musica non è il classico jazz-meets-electro, che è molto meno “educata” e non ascrivibile nella categoria: praticamente hanno detto cosa non è, non cos'è, proprio perché non è catalogabile. Cos'è, quindi, la vostra musica per voi al di la delle definizioni?
DT: Per me questo album è stato un flusso spontaneo di idee e musica. Non ci siamo dati paletti, non ci siamo dati riferimenti, non ci siamo dati obbiettivi e tanto meno tempistiche. Abbiamo fatto musica perchè ci andava di farla, abbiamo scritto delle tracce perchè ci andava di dare un senso alle improvvisazioni registrate e abbiamo assemblato un disco per la necessità di organizzare la musica scritta in qualcosa di più grande.
GP: Questo alla fine risulta un complimento: vuol dire che è qualcosa di nuovo e originale, che non si riesce a catalogare. La musica in generale, soprattutto negli ultimi tempi, viene sempre catalogata e se la nostra non viene posta in nessun settore significa che l'obiettivo è stato raggiunto. La nostra idea musicale è lavorare soprattutto su sonorità originali, quindi questa cosa mi fa piacere. La mia musica la vivo in un certo modo, chi ascolta o chi scrive di musica la vive in un altro: lascio la palla della descrizione a chi in quel momento la ascolta o ne scrive. Ho letto alcune recensioni con cui non concordavo, con cose che non erano nelle mie intenzioni: si capisce così che chi ne scrive ha tutta una sua idea, e non posso aprire un discorso con tutti quelli che ne scrivono, altrimenti passerei le giornate al telefono. Lascio la definizione a chi la ascolta o la recensisce. 


Cosa gira nei vostri stereo personali, cosa ci ha sempre girato, e ci sono novità in giro che hanno catturato la vostra attenzione?
DT: In questi giorni sto ascoltando l'ultimo album di Tim Hecker "Konoyo" e la colonna sonora di "You were never really here" di Jonny Greenwood.
GP: A dirti la verità io ascolto pochissimo, non ho voglia di ascoltare tanto o di ricevere troppe informazioni, anche se sicuramente arriverebbero cose interessanti. Ascolto pochissime cose, che hanno soprattutto a che fare con il passato. Compro pochi vinili al mese, ma sono sempre cose che hanno a che fare con la musica in generale: può essere una ristampa africana come un disco di Glenn Gould. Non ho molti dischi di elettronica attuale: non voglio che le informazioni esterne vadano a intaccare quello che compongo, perché altrimenti finisce che ascolti  quello che va di moda e io la moda non la seguo. I miei riferimenti non sono basati su personaggi modaioli del momento, ma su personaggi del passato, dove si trova tanta roba bella che secondo me va approfondita. Non ho nemmeno un cd player o la musica nel telefono: ascolto solo a casa coi vilili.


Forse non lasciarsi influenzare dalla musica che gira ha concorso a creare una musica non definibile.
GP:Perfetto! E' così: anche da un punto di vista tecnico degli strumenti che suono, sintetizzatori e trombone, non voglio seguire nessuno ma avere il mio linguaggio particolare. Non voglio essere toccato da quelli bravi o originali che ci sono in giro, perché so che tenderei più a seguire le cose che mi piacciono. Ora ho 43 anni, bazzico i palchi da quando ne avevo 16 e all'inizio era un susseguirsi di ascoltare e cercare di fare le stesse cose, ma crescendo e maturando è nata l'idea di tenermi un sacco di cose per me e lavorare sull'originalità.


La tracklist del Cd e dell'Lp sono diverse: c'è un motivo?
DT: La ragione è pratica. Il cd non ha un lato A e un lato B come il vinile. Nel vinile i due lati devono avere durate simili per  suonare omogenei. Quindi abbiamo dovuto rimescolare un po' la nostra scaletta ideale (quella del cd e del formato digitale per intenderci) perchè fosse ben distribuita sui due lati del vinile a livello di timing mantenendo lo stesso percorso emotivo.


Suonerete un po' in giro questo disco?
GP: Non c'è untour in programma, ma adesso stiamo montando il live. Saremo sempre noi due, non faremo la band di otto/sei persone, e gestiremo una serie di apparecchiature e strumenti acustici.


Avete qualche consiglio per chi inizia a fare musica adesso?
DT: Fare musica spontanea.
GP: Non mi viene da dare consiglio adesso, do dei consigli di vita ai miei figli, non mi sento di dare consigli al mondo.

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