Nightguide intervista Andrea Sertori

Nightguide intervista Andrea Sertori

Andrea Sertori ha presentato da poco il suo nuovo singolo “Claw Machine”, tratto dal primo disco solista “Mosaic Room” dove lo studio del pianoforte classico si fonde con la ricerca e la sperimentazione dei synth per creare un mix unico, caledoscopico e poliedrico, tra musica classica ed elettronica.
Sertori inizia a studiare pianoforte classico all'età di 9 anni, approcciandosi poi alle tastiere e synth all'età di 15 aggregandosi a varie formazioni rock, fino ad arrivare agli Avanguardia, band indipendente alternative rock, spaziando dal progressive al funky, di cui fa parte per diversi anni. Con gli Avanguardia partecipa alla registrazione di numerosi demo e compilation rock di band emergenti, fino alla registrazione dell'album “Aldilà Del Mare” (2003), a cui seguono concerti dal vivo e un discreto successo promozionale. Nonostante la sua attività come tastierista, Andrea Sertori non rinuncia a continuare lo studio del pianoforte classico, prediligendo sempre lo studio dei grandi pianisti romantici, al fine di perfezionarsi il più possibile. All'amore per il pianoforte, si affianca sempre il desiderio di cercare un suono particolare e il più possibile personale, una ricerca che si esaurisce nella sperimentazione e nella passione per i sintetizzatore, soprattutto analogici: musica classica e musica elettronica ora si coniugano perfettamente. Seguono brevi esperienze i Simola Fake, e successivamente la band Gyzah, formazione che permette ad Andrea Sertori di avvicinarsi a uno strumento particolare quale l'hammond e di condividere palchi con importanti band dell'underground italiano come successe, nel 2013, con Le Orme. Nel 2017 esce il suo primo lavoro solista, l'EP “Mosaic Room” di cinque tracce strumentali.
Lo abbiamo intervistato.



Ciao, come nasce “CLAW MACHINE”?
“Claw Machine” è il brano di chiusura dell'Ep “Mosaic Room”. Tecnicamente riprende il tema iniziale di “Drops and Sun” riproponendolo in chiave synth.
Dal punto di vista del significato la “claw machine”, ovvero il famoso gioco piglia oggetti che si trova nelle sale giochi, vuole rappresentare l'imprevedibilità della nostra esistenza, sempre in balia di eventi che non si possono prevedere in anticipo; simile alla casualità dei movimenti con cui il gancio della “claw machine” cerca di raccogliere oggetti e peluche, con esito non prevedibile.
 
E che tipo di disco è “Mosaic Room”?
''Mosaic Room” è stato un disco istintivo, un collage di frammenti musicali e pensieri estemporanei, che accostati formano qualcosa di più grande, con significato unitario. I titoli messi in fila rappresentano l'escalation di emozioni, la metamorfosi dal malinconico al felice. Mi piace pensare che l'ascoltatore possa trovare in questo mosaico, il significato più intimo e personale.
Come sono nate le altre canzoni che lo compongono? Hai un tuo ''metodo''?
Il metodo “Mosaic Room” è unico, non so quante altre volte verrà riutilizzato. Per questo lavoro è stato utile per combinare elementi istintivi e diversi tra loro.
Per il resto credo che non esista per me un modo predefinito di fare musica. A volte mi capita di avere l'urgenza di sviluppare il semplice accostamento di due note, altre volte i brani nascono da tempi ritmici che rimbalzano in testa. Rumori, sensazioni. Un po' di tutto ed in tempi diversi.
Com'è essere ora un solista, ad esempio rispetto ai tempi degli Avanguardia?
Premetto che oltre a lavorare da solo sto collaborando anche con altri musicisti per diversi progetti.
Detto questo, è chiaro che oggi credo di avere la maturità giusta per suonare da solo, cosa che una volta non avevo.
E' una questione di crescita personale.
 
Quali artisti hanno influenzato la tua carriera?
Sono legato alla musica classica, che mi ha formato e sono sempre stato attratto dalle sperimentazioni del rock progressive, ma anche dall'elettronica di band come i Kraftwerk. Nell'ascolto mi capita di soffermarmi e riflettere sulle parole di un bel testo, ma per me è principalmente la musica, con la sua grande forza comunicativa, capace di arrivare istintivamente al cuore e di trasmettere infiniti contenuti.
C'è un palco particolare tra i tuoi sogni nel cassetto?
Nessun palco in particolare, ma dopo tanti concerti dal vivo, mi sto organizzando per riprodurre i miei lavori solisti dal vivo. Ovviamente con la collaborazione di amici musicisti.
Il disco che avresti voluto scrivere?
Tanti, ma The Dark side of the Moon, è il disco. C'è tutto, elettronica, sperimentazione, progressive, testi, tecnica, emozioni di ogni genere, un viaggio vero e proprio.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare ad esprimere quello che ho dentro senza troppo lasciarmi condizionare dall'esito dell'ultimo Ep.  Potrebbero nascere lavori totalmente diversi da Mosaic Room in quanto la fase di ricerca e sperimentazione per la mia musica è solo all'inizio. 

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